La carta da parati si colloca sulla linea di confine tra gli oggetti di uso comune e le arti decorative. Per la sua natura fragile ed effimera, è spesso assente dalle ricostruzioni storiche e archeologiche. La storia della carta da parati, per questo, è in gran parte basata su testimonianze scritte sfuggite al trascorrere del tempo, oppure su ricostruzioni ipotetiche di storici e storiografi.
La carta da parati, per gran parte della sua storia, è stata considerata come un semplice sfondo piuttosto che come un elemento protagonista degli spazi abitativi – con alcune importanti eccezioni, come le carte da parati cinesi e le decorazioni sceniche della Francia ottocentesca. Il suo ruolo nell’economia generale di un’abitazione, tuttavia, è assai rilevante e la scelta di una carta da parati può influenzare in modo decisivo l’atmosfera, il ‘mood’ di una stanza, oltre a modificare la scelta dell’arredamento e dei complementi d’arredo.
William Morris, il massimo teorico moderno nell’ambito delle arti applicate, riconobbe l’importanza della carta da parati e a questo proposito si pronunciò in una delle sue conferenze: “Qualunque sia l’arredamento delle vostre stanze, pensate per prima cosa ai muri spogli, che costituiscono le pareti della vostra abitazione, e fate delle concessioni ad essi in termini di spazio e distribuzione del mobilio. Altrimenti vi ritroverete con delle camere che somigliano più a una pensione a ore piuttosto che a una casa per bene”.
La carta da parati ha sempre polarizzato le opinioni del pubblico: c’è chi la adora e chi la aborre. Per alcuni è un elemento indispensabile per ricreare un clima di intimità domestica, mentre per altri è un orpello inutile, e anzi fastidioso per la necessità di manutenzione che comporta. O meglio, comportava, visto che le moderne carte da parati, sia per i materiali sia per le tecniche di produzione, sono resistenti e robuste, oltre che semplici da pulire e – all’occorrenza – da sostituire.
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A cura di Lara Gensini
